Camminare: il potere spirituale dell’attività fisica più conosciuta e praticata al mondo

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By Deborah Doca

Camminare ha un valore, un potere spirituale che forse molti sottovalutano o ignorano.

Ultimamente si legge spesso sul valore e sull’importanza di fare esercizio fisico camminando.

E non è un caso che proliferino attività, club, attrezzature legate a questa prassi, come ad esempio il nordic walking. Sembra quasi che senza bacchette non si possa più stare…!

In questo modo, cioè rendendo di moda e inserendo questa attività all’interno di circuiti organizzati e facendone una sorta di nuovo stile di vita, si rischia di perdere il valore ” spirituale” di questa prassi.

Interessante e provocatoria la frase di Tom Hodgkinson, scrittore britannico, autore del best seller ”

L’ozio come stile di vita” che sintetizza magnificamente il concetto alternativo del camminare.

Un atto che rompe gli schemi, che rivoluziona il concetto di tempo e di organizzazione della vita.

” L’atto di camminare senza fretta è un atto di rivolta. È una presa di posizione contro i valori borghesi, contro una vita incentrata sugli obiettivi da raggiungere, contro i troppi impegni, il trambusto, le seccature. Per lo spirito creativo, l’atto di camminare riconcilia lavoro e gioco.”

Sotto questo profilo , e guardandola da questa inquadratura, la riflessione sulla moda del camminare e su tutti gli accessori che la contornano spiega perche’ cosi facendo si rischia di fare perdere a questa attività il suo valore di distacco, presa di distanza, riconciliazione con se stessi e con la parte più autentica di ogni individuo.

” Prima di criticare qualcuno, cammina per un miglio nelle sue scarpe” – dicevano i Nativi americani.

Il cammino, inteso in questo senso, deve avere un significato fortemente individuale, deve produrre esperienza, anche lotta, sofferenza, impegno.

Non omologazione, inquadramento, l’uscita temporanea da uno schema di vita inquadrato per ripiombarvisi sotto altre vesti.

Il cammino è metafora di vita senza dubbio.

Rappresenta o dovrebbe rappresentare la ricerca di senso di ogni individuo, il procedere, il fermarsi, la lotta tra la voce interiore che suggerisce di abbandonare e l’ostinazione a proseguire.

Non é un caso, a mio avviso, che la prima religione in ordine di tempo, abbia messo in cammino il suo popolo e lo abbia fatto nel deserto, non in un giardino tropicale.

Come a significare la solitudine, psicologica, che deve accompagnare il viaggio.

Un incontro con se stessi e non un diversivo per rispettare una nuova moda.

Camminare deve essere inteso anche come ricerca all’essenziale, un lasciare il superfluo, uno spogliarsi di tutti quei concetti, idee, pseudo valori che allontanano le persone dal vero senso della vita.

Una scelta che diventa essa stessa un modo di camminare.

” Ed è per questo che cammino lentamente, non corro quasi mai. La Natura per me non è un campo da ginnastica. Io vado per vedere, per sentire, con tutti i miei sensi”.

Reinhold Messner di camminate se ne intendeva, senza dubbio. In questa frase c’è il senso all’essenziale, il lasciarsi indietro fretta, tempo, obiettivi.

Lo scopo è quello di scoprire , di sentire.

Se il cammino deve avere un senso, deve essere un atto ed una scelta di rottura e di ricerca, deve tornare ad essere ciò che fa riscoprire ad ogni persona il suo percorso, senza fretta, con caparbietà, umilmente.

Sempre con la predisposizione alla meraviglia e alla gioia di stupirsi.