Una persona che ha imparato a stare bene con se stessa, non si accontenta più della compagnia di chiunque

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By Deborah Doca

Viviamo una vita frenetica, lo sappiamo. Una vita non solo piena di impegni, troppi, ma anche con gli “obblighi”di condividerla, di mostrarla.

Come se non fare questo, equivarrebbe a non vivere, a non esserci.

Non facciamo più le cose per noi stessi, non sappiamo più stare soli con noi stessi.
Non sappiamo più guardare l’abisso della nostra anima, della nostra immaginazione e galleggiamo, frenetici e spaesati, sul bordo della vita. Chiassosa, spesso superficiale.

Ad esprimere il disagio profondissimo che tutto questo comporta, c’è un pensiero:

“Pensavo che la cosa peggiore nella vita fosse restare solo. No, non lo è. Ho scoperto invece che la cosa peggiore nella vita è quella di finire con persone che ti fanno sentire veramente solo.
(Robin Williams)

Siamo tutti costantemente tentati dal rifuggire la solitudine, dall’accontentarci del meno peggio, dall’inventarci scuse sulla tolleranza e sull’arte della mediazione, unicamente a causa di una grande ed assoluta paura: quella di fare i conti con se stessi e con il senso della propria vita.

“La solitudine è come una lente d’ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo.”
(Giacomo Leopardi)

Grande verità, che rivela lo sforzo necessario ad affrontare il cammino verso se stessi, evitando scorciatoie e sentieri troppo battuti.

È come affrontare il sentiero di un bosco dopo aver battuto unicamente strade illuminate, aver attraversato crocevia con segnaletiche perfette.

Ci si ritrova immersi in silenzi e rumori sconosciuti, smarriti al solo incrociare una stella o i rami silenziosi di un albero.

Impreparati verso scenari e sensazioni cui non si è mai fatta la conoscenza e, di conseguenza, incapaci di coglierne suggerimenti e spunti.

In questi frangenti quello che spaventa sono i propri pensieri e le proprie sensazioni. Perchè a lungo soffocate in mezzo a rumori assordanti, richiami continui, traguardi imposti.

La solitudine e la compagnia di se stessi non impongono obiettivi, non suggeriscono premi e ricompense.

“Corrono come se avessero il fuoco sotto il sedere in cerca di qualcosa che non si trova. Si tratta fondamentalmente della paura di affrontare se stessi,si tratta fondamentalmente della paura di essere soli.”
(Charles Bukowski)

A ben pensarci ogni paura è spesso il frutto di pensieri ed abitudini. Che, alle volte, mostrano la propria pochezza non appena li si affronta, con piglio deciso, senza tentennamenti.

È necessaria questa spinta, oggi, per non temere la solitudine, anche se è difficile coglierne l’invito perchè conformati unicamente agli stereotipi del look, del successo, della gratificazione immediata.

La solitudine richiede coraggio, voglia di scoprire, desiderio di novità. Condizioni che hanno il loro prezzo in termini di rinuncia verso lo stile di vita cui si è abituati, ma allo stesso tempo capaci di regalare sensazioni ed emozioni mai provate prima.

Significa cioè partire imboccando sentieri laterali, strade tortuose poco illuminate, stradine apparentemente vuote. Incerti , dopo i primi passi, se continuare o meno, richiamati ossessivamente dal proprio conosciuto e dalla rassicurante realtà caotica e dispersiva.

Inconsapevoli, ancora, degli spettacoli che si potranno ammirare se solo si proseguisse il cammino, passo dopo passo.

“La solitudine può essere una tremenda condanna o una meravigliosa conquista.”
(Bernardo Bertolucci)

È sicuramente vero, come lo è il fatto che si potrà esserne certi solamente dopo averla cercata, accarezzata, coccolata. Come la propria migliore amica.

Importanti riflessioni sulle quali riflettere e da condividere con i vostri amici per riflettere insieme!